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      A questo io turbato, e gonfiato come elce che brucia, scoppiai così: O uomini sciagurati, non parlate male così, non arrotate i denti contro prodi guerrieri cuor di lioni, che anelan lance, e spade, e crestati elmetti. Cotesti mali verranno in capo a voi, che li augurate alla patria vostra. Forse andando per l’aere voi avete udite di tali cose, o le avete apprese per profondo studio di matematica? Se poi profezie ed incantesimi ve le hanno dato ad intendere, siete doppiamente stolti; chè queste sono trovati e fole di vecchierelle, e le donnicciuole sciocche sogliono andare appresso a queste cose.
      Triefonte. E a questo che risposero, o bravo Crizia, quei tonduti di conoscenza e d’intelligenza?(169)
      Crizia. A tutto questo passarono per sopra, e ricorrendo ad un artifizioso trovato, risposero: Abbiam digiunato per dieci giorni, abbiam vegliato salmeggiando per dieci notti, ed abbiamo fatti questi sogni.
      Triefonte. E tu che dicesti loro? Essi dicevano una cosa grave e dubbia.
      Crizia. Oh, sta certo che risposi ben per le consonanze, e dissi: In città si buccina di voi, che quando voi sognate v’intervengono queste cose. Ed essi con un ghigno: Ci avvengono fuori di letto questi sogni. Ed io soggiunsi: Se questo è vero, o eterei uomini, voi non potete mai rintracciare il futuro, ma ingannati da voi stessi, ciancerete di cose che non sono e non saranno mai. E non so come voi credete a sogni, e spacciate coteste frottole, abbominate le cose più oneste, e vi compiacete delle scellerate, senza che punto vi giovi cotesto abbominio.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





Crizia Abbiam