Pagina (390/448)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Ermippo. No, amico mio, non cominciare gli encomii, se prima non mi spieghi la cagione onde mossero i vostri ragionamenti.
     
      Caridemo. Invano mi trattieni, o caro mio: io poteva già uscirmene pe’ generali facendo un cenno di tutto il ragionare. Ma che si ha a fare quando un amico ti sforza? Bisogna contentarlo di ciò che ei vuole. La cagione che tu cerchi di quei ragionamenti fu lo stesso bel Cleonimo, il quale stava seduto tra me ed Androcle suo zio: e tutta quella gente semplice facevano un gran parlare di lui, e rimirarlo, e grandemente ammirarne la bellezza, e quasi non curando più nulla, discorrevano dei pregi del garzonetto. Ammirando noi il buon gusto di quelle persone e lodandole, credemmo che sarebbe stata una gran poltroneria la nostra a lasciarci vincere da uomini semplici nel parlare delle bellezze, sola cosa nella quale ci credevamo superiori ad essi: e però prendemmo a parlar della bellezza anche noi. Stabilimmo adunque di non nominare il fanciullo (perchè non saria stato bene metterlo in maggior superbia), e di non parlare così, come facevano quelli, senza ordine, e quel che veniva in bocca, ma ciascuno dire in un discorso ciò che la mente gli suggeriva sul proposito. E cominciando Filone, così parlò:
      Come sta male, che noi ci affatichiamo tanto per rendere belle tutte le nostre azioni quotidiane, e della bellezza non facciamo parola alcuna; anzi ce ne stiamo in silenzio, quasi temendo che nostro malgrado non diciamo appunto quello per cui ci affatichiamo in tutta la vita!


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





Cleonimo Androcle Filone