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      5. Ora, Tizio, che vorresti di più? Sarebbero bastate molte minori attestazioni ed incitamenti per farmi persuaso del diritto di oppugnare con non magra speranza di vincere. Ma, per chiuderti la bocca, definitivamente, visto che non l'apristi mai, nè l'aprirai per darmi ragione, ti ho serbato per ultimo, contravenendo all'ordine da me voluto cronologico, il colpo di grazia al tuo mal volere verso di me, vibratoti in pieno petto da Carlo Dossi; l'autorità del quale, perchè morto, è oggi grandissima e di moda, dato che già riodo frasi sue, nel testo altrui, come commendatizie a' loro pensieri. Tizio, tu bofonchii: «L'autorità di Carlo Dossi che ti viene in secreto, privatamente e per lettera! E che non si loderebbe per lettera?» Taci, cinico, e riconosci in lui la sincerità fatta persona; chè quand'anche dovesse biasimare, o dovesse temere avrebbe pur sempre scritto di me questo. E leggi(IX).
      «Dovrò io condolermi teco della nuova delusione che ti ferì nella tua generosità senza pari e nei tuoi affetti? Ma tu stesso hai superato sì valorosamente le prove e te ne sei con tanta filosofia consolato, che le mie parole giungerebbero tarde ed assolutamente oziose. Come le dita di Re Mida, o il «lapis philosophorum», l'animo tuo cambia tutto in oro, e il disinganno e il dolore, stillando dalla tua penna, diventano arte, sapienza, letteratura: «whatever is, is right» ha scritto se non erro il Pope. E la Natura, negandoti il più appariscente de' suoi doni, ti ha acuito, per compenso, o necessaria conseguenza, le facoltà dello spirito; ti ha dato quindi assai più di ciò che ti ha tolto.


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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