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      Formule! Č Nietzsche, che ancora bulica nel suo cervello (vedi:(29) L'Umanitą dell'avvenire - Vita Femina - Socrate morente - Noi che siamo senza paura). Ed il D'Annunzio vi si comporta come un bambino irrequieto, bramoso, eccitato; ogni paesaggio, ogni veduta, ogni urto o fremito esteriore lo tramutano; pensa, in quel punto, col colore dell'erba di quel prato, col profumo di quel fiore, coll'armonia di quel gorgheggio. Č l'atomo vagante, che si commista col tutto; non č una cellula pensante e volontaria, č la cera che si imprime d'ogni suggello; e, se crede d'emulare l'eleatico Aristippo (Sibi res, non se rebus submittere) il quale coltivņ il suo ingegno per accrescere la somma dei piaceri, signoreggiando le passioni, per scemare le pene, cercando, nell'amabilitą, nuovi mezzi e nuovi strumenti di gioja; riducendo l'amor di sč stesso a principio, fuorvia e s'allontana, nella passione disordinata, dalli ideali e si lascia trascinare.
      Egli č la barca fragile che barcolla, barella e cavalca sui flutti, séguita le altitudini, le sinuositą, o li abissi dell'onde; č la foglia da poco spiccata dal vento da una rama e caduta nell'acqua, carreggiata nel fiume verso la foce. Non impedisce al defluire, non ostacola al mareggiare, non impera; crede d'essere felice, perchč si adagia e si confą a sfuggire li scogli, a cercare le mollezze delle curve, per cui scoscendere, la tiepidezza della corrente, per cui lietamente estuare. Non combatte, non si ribella; piuttosto accomoda il suo volere, che č il suo capriccio, alla teorica di Zarathustra, gią che le proposizioni furono prima enucleate ed a lui bastava di conformare la sua legge morale a quella presentazione di amoralismo, per dirsi «Vivo filosoficamente e della vita faccio un poema».


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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