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      L'ingegno in questa sorta di lavori è spesso nocivo, la lunga pratica è miglior custode ed insegnatrice. Si ricamano graziosamente, sui veli, delle trapunture copiate dai manualetti ad hoc; si animano con brevi soffi grandi palloni periclitanti; si infilano delle perline di vetro diversamente colorate. Tutto ciò, in fine, si presenta con una certa speciosità laccata e fresca: così, una donna pallida si mette del rosso sulle guancie; ma il belletto si screpola, si stira, a squame, sulla pelle, si scrosta; inganno perfido del liscio che sciupa la pelle e che non vuol tenere come una vernice incorporata a fuoco sulla creta; inganno della retorica, bella copertura di seta, che coll'uso si sdrusce, si ammacca, si fende, si sfilaccia, e, slabrante, lascia vedere sotto quanto voleva nascondere.
      In questo lavoro d'epurazione formale, sopra una trama leggiera di fenomeni intimi e di fatti individuali, si usa la forza di chi pretende d'essere l'instauratore della Energeja latina.
      Due esempii contemporanei potrebbero insegnargli che altra è la via dei volontarii efficienti; Gorki e Kipling.
      Il primo: un garzone prestinaio, vagabondo, falegname, impiegato di ferrovia, segretario d'avvocato, ostile alla polizia dello Tzar, ribelle che parla ai ribelli col loro linguaggio, colle loro speranze, colle loro imagini; che loro dice: «Prendete, prendete tutto quanto di cui avete bisogno, perchè v'appartiene dal momento che siete bisognosi»; fecondo romanziere, poeta delle steppe e delle lunghe strade gelate del centro di Russia, rapsodo sulle rive del Volga, psicologo della anima piccola borghese e delle grandi aspirazioni popolari: Gorki che sarà il vero instauratore del carattere russo, se domani vorrà il popolo suo comprenderlo ed uscire dall'atonismo superstizioso e bigotto che lo dà genuflesso ai piedi del Piccolo padre delli impiccatori.


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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