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      Pur troppo, tutto ciò mi sarebbe rimasto nella penna ad occludere, con grave danno alla salute e con minaccia evidente di una colica epatica, lo sfogo tanto necessario al mio ricambio interno delli organi e delle idee; se la terapia, che trova mille modi ingegnosi per sopperire alla opportuna elasticità del tempo e delle fibre, non avesse spostata la questione per mio sollievo, invitandomi a discorrere, academicamente, di altro che può essere una Fedra ed un D'Annunzio. Mi è caro leggere le tragedie; mi sostituisco alli attori, e, con maggiore intelletto abbozzo mentalmente li atti ed il porgere in una bellezza esatta ed ideale, quali l'istrionismo celebre non ci consente mai di ammirare dalla ribalta.
      La Fedra venga esposta da Euripide, sotto forma di Ippolito velato; da Seneca, romanamente, in versi lunghi e brevi, da Racine, con molto rossetto di Rambouillet, molta parrucca e preziosità, Fedra anch'essa. Un altro Ippolito Carlo Innocenzo Frugoni sdilinquiva, tumido di assai verbosità settecentesca; mentre un'arcade di moda, Tusinda Pastenide, bisbetica moglie, la Zantippe del Gaspare Gozzi, colui dei Gazzettini, ne presentava un rifacimento, più incipriato, più imparruccato che mai.
      L'ultima furoreggi, baccante ed avvelenata di ninfomania, allo stupro violento del proprio figliastro. Impazzi; accusi il delitto che ella eccita e vuole; richiami la vendetta delli Dei sul giovane eroe: si faccia lutulenta e turgida di barbarie orientali; ricopi Wilde e l'Hofmannsthal; ripeta(71) la Figlia di Jorio, La Fiaccola sotto il Moggio, La Nave.


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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