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      Vorrei provarvelo con distese citazioni al passo, ma è una fatica che mi riservo per altrove, debitamente documentata; e però di nessuna efficacia, non ignorando l'inutilità delli spulciatori, il ridicolo e la malvagia insinuazione; addotrinato dai casi precedenti di un Thovez, ch'egli poteva permettersi, ma ch'io debbo schivare; scoperta però preziosa, ed altro argomento necessario ad incocciarmi per dispiegare la mia pregiudiziale favorita.
      Del resto tutte le epoche letterarie ebbero la loro Fedra, più dignitosa, sopra tutto, concepita con maggior fantasia. Cercacatene parecchie sotto diverso nome, nel Decameron di Boccaccio, nella Eptameron della Reine Margot, nelle Novelle di Messer Bandello, che un molto ignorante consiglier comunale, in pubblica seduta a Milano, congratulò col nome di pornografo, quasi onta edilizia in sulla targa che distingue una delle vie della nostra città. Poi si novera una Parisina di Byron e una Curée di Zola; la quale, e modernamente, con grande sapore e con massima moralità, fa di Maurice, Ippolito; di Saccard, Teseo; della sua seconda moglie, felinamente aggraziata, Fedra. Codesta indimenticabile fu da vero spampanata promiscuamente dalla antichità al secondo impero, per ripresentare la faccia della feminilità, il decorso patologico di una curiosità barbara e di una lussuria, che non ha scusa, perchè troppo saputa, troppo luogo comune.
      L'autore stesso se ne avvide: annuncia infatti, per il Grand Guignol, Il mal seme; pel Cinematografo, un contratto di due anni, in cui egli si farà compositore di balletti, di vaudevilles, di parate, aspettate con ansia dal suo pubblico di bambini, di monelli, di ordinanze e di bambinaie, inclito e rispettabile, ma analfabeta; tal quale gli appartiene.


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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