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      Ha dietro il caudatario che commenta: il reggi coda è Ettore Janni: (peccato che debba nominar costui ad ogni periodo, quasi Gli faccio un regalo inestimabile in tanta réclame immeritata.) Eccolo l'avvocato di quella sincerità e di quella purezza del Corriere della Sera (e dalli!) 28 settembre 1912. - «Ma dubitarono altri in Italia; Gabriele D'Annunzio non è sincero. E che cosa è dunque la sincerità? Veramente, alcuni ne parlano e pensano come di un'attitudine burocratica (egli chiama burocrazia, l'onestà, tanto per renderla antipatica) che fa pensare a scrivani di notai, i quali credessero, qualche volta, in Dio, e, sempre, nella carta bollata. (Ecco a me non importa che in Dio l'Abruzzese abbia sempre creduto; non fabricava al bambino Gesù i più lussuosi presepi di Pescara? ma son certo che alla carta monetata si sia sempre inchinato; quanto la bollata sempre temette, (vedi l'esilio.) Essi dovrebbero istituire un archivio in cui fossero registrati i traslochi del pensiero dei poeti, (affè l'eufemista! chiama traslochi l'occupazione violenta dell'altrui casa, la violazione di domicilio, alias il plagio) domandare al Parlamento un articolo da aggiungere al codice penale per non lasciar impuniti, nei poeti, il reato di contradizione. (Ma no: bastano quelli che già si numerano, a loro posto, contro i falsificatori dei marchi di fabrica.) Perchè, per loro senza dubbio, ogni nuova disposizione d'animo d'uno scrittore deve essere accompagnata da un certificato di buona condotta (eccellente idea: certificato di moralità letteraria; veh! chi mi precede!


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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