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      Questa lettura per letterati fuorviò singolarmente il popolo milanese, abituato alle veementi parabole del Turati, ai colpi di mazza di Ferri ed al suo stile color di pan bianco. Davanti a questi affamati di verità palpabili D'Annunzio aveva l'aria di un espertissimo cuoco, scoperchiando, sotto un fumante coperchio, una cazzeruola di prelibati e succolenti intingoli speciali. - E però, D'Annunzio accoglieva le acclamazioni popolari col più beffardo de' suoi sorrisi, col sorriso della barbettina bionda; tutto rafistolato nell'abito nero, sollevandosi a mezzo dalla sedia, incurvandosi sulla tavola, affacciandovisi le sue calvizie che rilucevano, sotto l'onda enorme della risplendente elettricità» - «Les Dieux s'en vont, D'Annunzio reste». Ed anch'io sento opportuna e saporita la ghignata di Erasmo, dal suo Elogio della Pazzia, strombettarmi sulle labra, e, col ridere, cerco commuovere i vicini perchè folleggiando si facciano, imitandomi, più saggi; altri dirà più cinici; più severi, altri dirà più antipatici. «Che vi ha di più pazzo dell'adulare il popolo per importarvi la propria candidatura alli onori; che di meno ragionevole che d'acquistargli i favori colle larghezze, di compiacersi alle sue venali acclamazioni, di offrirsi in ispettacolo, trionfalmente, come un idolo, o di piantarsi bell'e ritto in mezzo al Foro, come una statua di bronzo? Questi nomi, questi nomignoli, questi onori divini accordati a gente che a pena meritano d'essere nominati uomini, queste apoteosi ai più insipidi tiranni, tutto ciò non è assolutamente ridicolo; per tutto ciò non è sufficiente un Democrito perchè se ne rida?


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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