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      97 - Ecco di ritorno per altra via la parola dantesca e teologica, a riprova della esattezza del nostro ragionamento.
      (41) Giovanni Zuccarini: «Si diceva: Il Pascoli ed il D'Annunzio dopo pochi mesi di calda e fervente amicizia hanno finito per odiarsi: l'uno non vive e non lavora che per l'invidia dell'altro. Poichè il poeta di Maremma, il poeta del rinnovato popol latino non canta più, essi si contendono sordamente il primato nella poesia. Le ire già s'accendono, e qualche brontolio già scorre nell'aria... ma presto, presto, vedrete, molta bile bolle in pentola e non lontana sarà l'esplosione». E v'era già chi diceva: «Il Pascoli è più dolce e profondo: il D'Annunzio non è che un rammollito e un orgoglioso». E v'era chi rispondeva: «Il Pascoli è un po' lezioso e monotono: il D'Annunzio sì è forte e molteplice». Scheggie e Sprazzi - Gabriele D'Annunzio e Giovanni Pascoli, pag. 138-39 Puccini - Ancona 1912. E già da un pezzo però, ch'io vado dicendovi chi sia D'Annunzio; fra poco udrete, se, già non lo udiste, che ne pensi di Pascoli: ma lo Zuccarini: «tanto diversi e pur schiettamente italiani, due rame cariche di bei fiori e di belle frutta, sorgenti da un tronco ancor verde robusto, dal più nobile e squisito poeta di nostra gente, Giosuè Carducci» - pag. 140 - Lo Zuccarini non s'accorge, ma egli bestemia il suo Dio Carducci, veramente: nel suo libro non si legge anche che quest'ultimo soleva dire: «Io non ho discepoli, ma scolari?» Questo è: scolari sì, ginnasialini; ma più in su, no.


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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