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      Perchè c'è da farci una domanda curiosa: Come mai, se il plagio è legittimo e immune da ogni sanzione estetica e morale, purchè dia luogo ad un'opera d'arte; come mai non si esercita su opere universalmente ricordate, ma cerca quelle ignote o mal note? - Non si sa perchè, - dirà il buon Croce.» pag. 201. C'è dunque «nel plagio una fondamentale intenzione fraudolenta» pag. 202. Il Pastore, il Greggie e la Zampogna, Napoli, Ricciardi, 1910. - Un altro critico, per altra strada, riconosce il dolo e non lo perdona: Aristarco Scannatopi, La Frusta letteraria, Luglio 1899 Numero III, Anno II: «Le accuse di Enrico Thovez macchiarono meritatamente il blasone letterario di questo enfant gatè de la nostra letteratura; e, se questo si vuol negare da quelli che non fecero degli studii di comparazione in proposito, non sappiamo che farci, ma la verità è una sola in qualunque materia.
      «Pel D'Annunzio hanno voluto creare un diritto nuovo in letteratura il diritto al plagio; cioè al furto letterario, dicendo che Gabriele D'Annunzio non è il solo plagiario che onora la nostra letteratura contemporanea, ma che Carducci rubò a Platen, Stecchetti ad Heine, Butti ad Ibsen e agli spagnuoli, Bovio a Petruccelli della Gattina, Cavallotti a Gonzales, Costanzo a Vallès e che ai loro tempi lo furono anche Ariosto, Orazio, Ronsard, Virgilio, Racine, Dante, Göethe, e Boccaccio, e pure il loro genio sovrasta a quello dei botoli invidi che ringhiano ai loro piedi: ma come noi respingiamo questo concetto anarchico borghese, anche per quei ministri di stato rei di non aver fatto altro che imitare, o plagiare, certi loro amici banchieri, così, dobbiamo respingere il diritto al furto letterario anche per i plagiari grandi e piccoli.


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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