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      I principii democratici hanno ritardato l'influenza delle intelligenze elette ed io non potrei esservi compreso che fra tre quarti di secolo: è la Francia, è Parigi che riserba un posto distinto alla aristocrazia imperitura, quello dello spirito». - Ah, razza di ballerino! Perchè dunque spillar spiccioli alla piccionaja dei democratici italiani colle tue pantomime, e cantar Garibaldi alle Università popolari, e passar da destra a sinistra nella Camera, e fare il Girellino, ed il leccapiattino, ed il ruffianello anche per questa folla scamiciata che ti diede da vivere per qualche anno, quando le sifilidi incoronate non ne vollero più sapere? Ah, razza di... Talanta, che si fa mantenere e poi calunnia la pratica che gli concede, ai vizii, regali fomenti e contenti? Ah, razza.., sì, razza di... niente!
      (80) Così, altri letterati francesi, dotati di più solido giudizio che non fosse stato Melchior de Voguë, hanno saputo presto collocare sul proprio gradino l'arte del D'Annunzio. - Remy de Gourmont: «D'Annunzio va alla pari con qualcuno dei nostri, ma»... - Charles Maurice: «D'Annunzio è il più rumoroso delli scrittori italiani; così volubile e di una perversità così secondaria, fenomeno di tutto il mondo, di tutti i tempi, senza un legame qualsiasi colla tradizione». - Quando la Grande Revue pubblicò, tradotto, nelle sue pagine il Forse che si, forse che no, accolse, sotto il titolo di Correspondence le diverse opinioni che i suoi lettori vollero scriverle in proposito. Trascelgo opinioni di pacifici borghesi francesi; i quali, non traviati dallo snobismo, danno il tono del buon senso così necessario, or mai, nel giudicar d'arte e di lettere: «Perchè diavolo siete andato, voi, a cercare il romanzo di questo italiano almeno così bluffeur quanto il Rostand?


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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