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      E concludeva, esortando le pie signore a boicottare inesorabilmente la nuova opera, disertando i teatri in cui sarebbe stata esposta:
      «La donna italiana deve iniziare la crociata e l'opera sua altamente civile e religiosa; domina, il nobilissimo nome che le ha dato il cristianesimo, domina vuol dire signora, padrona. A lei appartiene il comando, imporsi all'uomo in questa delicata impresa, ella, che è stata troppo avvilita, calpestata, infangata nella nefasta opera dannunziana e menata a ludibrio presso tutte le genti nelle molteplici traduzioni. Basta! È tempo di finirla! Boicottaggio ci vuole, boicottaggio in tutti i modi! Astensione dall'assistere alle rappresentazioni dell'opera del D'Annunzio, astensione dal comperare non che dal leggere la sua opera, astensione dal leggere i suoi pregi estrinseci, astensione da quanto può contribuire, anche indirettamente, alla diffusione del pestifero veleno. Nessuna donna italiana assista a questa degradazione morale, camuffata di misticismo; e si vergogni, e esca col marchio della pubblica riprovazione, colei, se pure vi sarà, che oserà intervenirvi».
      Sì che subito concorse la Sacra Congregazione al suo dovere; e, con decreto dell'8 maggio, alla vigilia della prima rappresentazione, si annunciò: «Si proibisce ai fedeli la lettura delle seguenti opere:
      «Gabriele d'Annunzio: tutte le opere drammatiche: le Prose scelte, edite a Milano; tutti i romanzi e le novelle.
      «P. A. S.: «Catechismo di Storia Sacra», Cremona 1910.
      «Antonio Fogazzaro: «Leila», romanzo, Milano 1911.


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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