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      Evase; si recò a Torino, dove ebbe polemiche collo Stigliani prima, per il poema il Mondo Nuovo, indi, col Murtola genovese, segretario del Carlo Emanuele I ed autore di quel lavoro.
      «Il Creator di nulla fece il tutto,
      Costui, del tutto, un nulla, e, in conclusione,
      L'un fece il mondo e l'altro l'ha distrutto;»
      scriveva il Marini e brigava presso il Duca alla sua perdita.
      Il Duca, grosso amorale ipocrita, come ogni Savoia, ci si divertiva:
      «Murtola mio, sì come il Duca vostro
      È il più eccellente principe del mondo,
      Così, voi siete il maggior mappamondoChe imbratti carta e che strapazzi inchiostro».
      La Corte di Torino aveva trovato gratis un buffone di maggior conio e rideva; sì che, come a buffone, di motu proprio il principe lo fece cavaliere di que' santi cattolici cavalieri che hanno per istatuto difender Cristo e la fede, mentre il Marino, al dir del Murtola:
      «Con offender ognor chi non ti nuoce,
      Oltre a Cristo assassini anche la Croce».
      Per intanto, una croce braveggiava pompeggiando sul giustacuore al poeta: e, tra La Murtoleide, fischiata dal Marini - e Le Marineide, risate del Murtola, si venne a un colpo di pistola che l'ultimo sparò al primo. Imprigionato quello, questi gli ottiene la grazia; ma la delazione dell'altro, che avendo trovato un poema giovanile del Marini, La Cuccagna, aveva fatto persuaso il sospettoso Duca come in alcune sue ottave satiriche lo ponesse in ridicolo, ricondusse Marini in vincoli. Potè uscirne dimesso: e si rifugiò in Francia, donde incominciò la sua prosperità. Di là poteva far sapere «che, essendo questi anni passati in gran conflitto di Fortuna, da gagliarda persecuzione di nemici combattuto, la cui malignità non cessava con fiere calunnie di darmi duri ed infaticabili assalti;.... aveva potuto, con l'armi dell'innocenza e della virtù, onorevolmente superare l'avversità, ritiratosi dalla guerra, non nella patria, ma nella Real Casa di Francia». Codesto vanaglorioso non era capace di vivere in libertà; i suoi bisogni gli facevano eleggere servitù una dopo l'altra, chè mecenatismo di principi non può significare che esser loro valletto.


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Antidannunziana
D'Annunzio al vaglio della critica
di Gian Luigi Lucini
Studio editoriale lombardo
1914 pagine 379

   





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