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      Li armenti riedevano e le giovenche sferzavansi i fianchi colla prolissa ed infioccata coda,
      li occhi desiderosi: lungi il muggito dei bovi. - Io pensava: "lavor senza febre e dolorio amar soavemente, per mezzo delle messi; amor che dona il calice squisito
      delle labra e che dà la fonte pura della vita! Amor, profumo dell'esistenza!"
      Fra tanto s'accendevano le stelle e la luna accennava a comparire.
      Io ebbi il principio rivelatore che qualche cosa doveva giungere.
     
      Un operaio
     
      La Città de l'industrie strepitava nell'assordata diana dei martelli:
      fuora, per l'aria densa, scarsi lumi a tremolar tra i vapori adagiati sui tetti delle case.
      Io stava alla vigilia: le machine russavano; nel bujo a tratti a tratti per i sotterraneiqualche lume a risplendere: colli d'acciajo tesi, lucidi e forbiti,
      suste d'acciajo, ruote d'acciajo, vorticavan nel buio. Fruscio di stoffee gemer d'acque e sibili compressi e stridere di lime,
      oltre al russare immenso. Io invigilava al moto. I collivorticavano, le membra si stiravano, a scatti, cadenzate,
      e le seghe passavan sui metalli, senza arguzia di denti famelici,
      e come un olio lubrificava tutto, e bambagia all'udito faceaintoppo: ma le viventi machine russavano: fremean nei sotterranei.
      Poi, di tra un roseo fumo, sulle botti di rame inchiavacciate,
      vidi esprimersi un grigio sembiante: non vidi l'occhi né la bocca;
      nulla vidi di forma che m'indicasse una presenza umana:
      pure credetti che ella fosse donna. E non parlò: non accennò
      ad alcuno. Distintamente fu uno smuover di veli, un aprirsi


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Le Antitesi e Le Perversità
di Gian Luigi Lucini
pagine 207

   





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