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      È come un gilio impensato e sincerosbocciato fuor, miracolo, che incensa
      nel mio torbido ardente e sincerocombatter diuturno in contro al mondo,
      spesso frainteso e molto bestemiato
      è un bianco fiore inalberatosopra un brunito cimiero.
     
      Ora, profumi il gilio,
      odoriamolo in pace,
      lungo il cammino astrusorivolgiam li occhi all'ale
      innocenti che frullano nel cielo,
      e imaginiamo d'ogni cosa buonauna conciliazione e un vaticinio
      di consolata fraternità.
     
      Perdonate, Signora,
      e concedete che si riposiin quest'oasi irrigua ed ospitale il mio pensiero:
      e valgami un istante di questa tenerezzadi nuove certezze
      invito suadente tumido di carezzecoll'angoscia nell'anima.
     
      Umiltà che s'inciela al sacrificio,
      pietà umana già mai non ha posa:
      bianca luce e vermigliaper le basse a fugar ombre di morti
      che ne spia e accuccia al capezzale;
      e ritta sulla porta della casae mesta e pensierosa
      nobile Anfesibena a custodirel'intimo fuoco e il nascosto sofrire,
      rassegnazione per l'a venire.
     
      Perdonate, Signora,
      questi scomposti versicoli,
      l'impeto e il vaneggiareper le selve selvaggie aspre ed amare.
      Martire sorridente, o quanto pallida!
      sposa e madre turbata in un tormento,
      muto tormento che sa del passatoe teme del futuro.
      Sposa intenta e fraterna, madre dolorosatenue flagrar di rosa che non teme la spina,
      colsi, Signora, che apporta la nepenteper il delirio dell'ammalato,
      trema su le mani,
      prega nelle pupille,
      comprime il cuor che palpitae porge la bevanda medicata
      come recando un calice a festaoh! perdonate ch'io vi ammiri e taccia.
      Alla sorgente cristallina e diaccia,


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Le Antitesi e Le Perversità
di Gian Luigi Lucini
pagine 207

   





Anfesibena