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      la bellezza di un fiore non ancora sbocciato,
      impedirgli di nascere.
     
      Questo il grande peccato d'eroismo;
      consumare se stesso al proprio rogo;
      non perdonare a se stesso ed indulgere altrui,
      e, massima superbia, concedereche alletti e gridi un lercio ciarlatano
      sopra la piazza, miracolando la plebe.
     
      Dovere, pigrizia, sentimento del nulla, abdicazione!
      L'orgoglio forse d'aver sacrificatola migliore stagione, la più ricca
      a richiuderci in muda, a non vedere!
     
      Oggi, dunque, ritentare di vivere, e perché?
      Tutto manca alle mani,
      tutto è cieco per li occhi,
      mi tremano i ginocchi sulla Terra ubriaca!
      E pure imaginare, voli distesi pei cieli infiniti;
      folgoreggiar nel volo come una redenzione,
      trasmutarmi, apparire, riapparire,
      lucido, fiero, costante, ed immancabile vendicazione!
      Fatuo balbettar sul margine dei secolile note ingannatrici della stanca canzone.
     
      Tutte le cose buone son trapassate,
      e le migliori pur troppo non nate;
      tremenda crudeltà questo ostinarmi a vivere.
      Meno imperfetti svolgimenti accennano,
      sul limbo grigio delle remote generazioni:
      dubito che il nepote ne sorprenda l'aurora.
      Penso che son qualcunoche è nato intempestivo:
      sofro la nostalgia di quanto non è più,
      di quanto non è ancora.
      [Ragionamento]
     
      Ho tutto il Cuore come in una piaga,
      ho il Cuore lacerato e tormentato,
      povero Cuore, piaga di sangue,
      oh stillante l'umore della vita a rivoli porpurei,
      povero cuore, lucente fiore.
     
      Ed ho voluto bevere il liquoredell'elleboro nero ed efficace;
      non ho trovato pace, pace alla piaga del cuore ferito.
     
      Ed ho ascoltata la parola calma per una polverosa indifferenza;


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Le Antitesi e Le Perversità
di Gian Luigi Lucini
pagine 207

   





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