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      hai tu veduto dalle dita aperte cader goccie di sangue?
      Hai tu veduto come batte il seno;
      hai tu veduto come nel sereno di questa nottevagolan tronfii i gufi e i barbagianni?
      Hai tu veduto nell'occhi alla statuai fantastici inganni che chiamano, che vogliono la nostra vita,
      che ci assorbon la vita?
      Non più, non più!
      Ed i ceri là giù, nella stanza rimota e l'oriuolo,
      e tutti l'orologi della città che ci suonano dentro e che tormentanoin questa nostra casa di cristallo!
      Ceri; fiammelle di rimorso e di preghiere,
      fiaccole lungo i dubii cammini della Morte,
      ceri sopra ai sarcofaghi dorati, ceri sopra la bara nuda e misera!
      Orologi alla cima delle torri falcate di trine, nel marmo, nel basalto,
      oscuri ad indicar la luce, o niellati tra i seni,
      minuscoli giojelli delle belle, Orologi!
      E larve dentro ai fumi dei bracieri, bigie Larve insidiose,
      tra le fiammelle dei Ceri e lo studio delle ruote dentate alli Oriuoli.
      E nella oscurità e nei silenzii non tocchi qualche cosa d'inavvertitoe non tocchiamo un corpo molle e viscido che non isfugge
      ma che non si afferra? E passa un vento vicino all'orecchie!
      Ed abbiamo sudate e fredde mani!
      e pungon l'occhi le tenebre!
      Basta, basta! Chi chiama qui? Mi chiami, Amica mia?
      Io non ti vedo più, tu sei morta, morta come il Padre...
      Io sono dunque solo? Perché debbo esser solo?
      Che ho fatto a voi perché mi abbandoniate?
      Io non v'ho consacrata la mia vita, la mia giovane vita?
      Non forse troppo amato? Ahimé! Ahimé!... -
      Zitti: batton le porte, battono forte come in quella notte,


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Le Antitesi e Le Perversità
di Gian Luigi Lucini
pagine 207

   





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