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      Non ha egli troppo venduto prima? che può averci riserbato per essere generosi, anche per lui? Contigie, falpalà, frangie, smerli, cenci? Quanti indumenti!
      È lecito tornare all'uomo semplice, che ci si presenta nella sua nudità, quand'anche ci possa apparire deforme l'ameremo di più per la sua sincera confessione. Questo sì che ride e piange e geme e sorride e sa guardarsi con occhi veri; ed ha saputo coniare d'ogni sua parola usata monete d'oro e d'argento, pietre preziose e purissime medaglie, verso cui non concorre lo snobismo perché troppo faticherebbe nello scoprirli, nel vederseli trasformati, dal periodo, nel forziere del suo cuore! Lo snobismo è come il rozzissimo ortolano, ricusa di scambiare la propria mercanzia con verghe d'oro non coniate ancora in monete, non importa se tosate o false, senz'altro, ma con arme, effigie, millesimo di corso: lo snob è allucinato dal barbaglio della convenzionalità, dal solecchio della réclame; corre perciò verso le cortigiane in voga e sifilitiche, non si cura della forosetta soda e sana ignorata; non riconosce che terreni esausti ma di grido, e trascura le foreste vergini; ricorre a granai ed a cantine di ditta; non visita le dispense del contadino non avvisate da grida murale, dove potrebbe trovare i doni di Cerere e di Pomona intatti e prelibati: corre al "Qui si vende! - Hic est locanda!" e si imbatte nell'autore nevrastenico, nello scrittore avariato. Per fortuna che quelli che verranno dopo crederanno di più alla loro esperienza, diffideranno delli specifici infallibili, troveranno, mercé la sciocchezza delli snobs e delle snobinettes, in serbo e non sperperate tante ricchezze trascurate per cui l'Epoca, appena defunta, poteva esser ricca se si fosse meno affidata alla svalutazione della critica ufficiale, fosse stata meno oziosamente supponente, ti avesse imposto, col dovere, il piacere delle difficili e fruttuose ricerche.


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D'Annunzio al vaglio dell'Humorismo
di Gian Luigi Lucini
pagine 126

   





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