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      - Ha egli in fatti mai amato la natura in modo da riprodurla come una viva serie di sentimenti, di passioni; in modo di autenticarla colla sua trasformazione estetica? No: egli se ne serve come di un pretesto: la sua panica gli diventa un passatempo, certo di qualche soddisfazione, ma non di completa dedizione. - È l'orafo egoista: raccoglie per sé stesso una serie di cose disparate da cui non può foggiarsi un sistema, una categoria; alla vista delle quali tu non sai dire come egli la pensi; l'opera sua si dispone in piccoli e ben lavorati scaffaletti, con tanto di vetrina, sotto alla quale, perché non sofrano la polvere, ritrovi in bacheca mille oggettini meticolosi, un bazar di chinoiserie; una fricassea d'anticaglie disparate, per le quali indovini la confusione che è nel suo gusto, nel suo cervello, nella sua vita, e cerchi invano, oltre questa superficialità, il carattere, o per lo meno, la nota fondamentale del suo temperamento.
      Non vi pare che le famosissime Laudi siano state connesse così? È il signore dilettante che dotato di qualche sensibilità e di discreta osservazione se ne vale durante l'unica passeggiata che abbia fatto un po' più lunga del solito nella vita: poi, rientrato in casa, non trova diversa conclusione che rimettersi al solitario tavolino e scrivere un poemetto con molte altre aggiunte frammentarie: e ciò sarà l'epica e la lirica del viaggetto cortese. Ma se l'humorista viaggia, altro è il suo risultato: altro assaggia in profondità e valore: noi sappiamo come abbiano vissuto Stendhal, l'Apostoli, De Maistre, Heine, Sterne; qui versi non suonano eccezionali, ma abbonda la poesia: qui, può mancare la chiacchiera scambiata per eloquenza, ma non il carattere ed il coraggio; qui, non è il sonettino, la ballatella, l'odicciuola impastate con quella farina di fior di Crusca, concessa dalla privativa delle academie per istranire la gente, perché, fattone focaccie, si potessero saettare nelle bramose canne dello snobismo latrante, ed inocuo, ad ogni rumore in Parnaso: ma qui si diceva che l'eroismo vissuto risiedeva, principalmente, nell'accorgersi di esistere in un clima d'arte e di morale antietica al suo proprio personale, comunque di valersi da questa sostanziale contradizione per superare sé stesso, e, da un motivo d'umiliazione, di povertà, di dolore, estrarre tanta consolazione filosofica, tanta bellezza di ben stare, contrastando alla contemporaneità, indice di grazia e di virtù anche per i futuri.


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D'Annunzio al vaglio dell'Humorismo
di Gian Luigi Lucini
pagine 126

   





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