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      Il 18 Febbrajo 1907, avvenivano i solenni funebri, in Bologna, del Poeta di Satana. F.T. Marinetti vi era accorso: nelle voci della folla si udivano false designazioni di persona: si domandava dov'era Gabriele D'Annunzio, l'erede, oggi, regnante; uno studente, con intonazione ironica: "Si è fatto sostituire da una rama di pino italico, incravattata da un nastro, su cui sono ricamate le parole: 'Ho colto io stesso questa verde rama sulle colline in fiore, vicino al monte Gabberi, che descrissi nel mio omaggio poetico a Giosuè Carducci, in sul penultimo canto del mio poema Laus Vitae'". Sì che per parlare molto di sé potevasi anche, incidentalmente nominare il defunto. - Si osservava, intanto, una caricatura dell'Abruzzese, che, piccolino, dipinto sopra lunghissimi trampoli, si sforzava di raggiungere il naso dominatore e sprezzatore di un Dante colossale: la vignetta sgargiava coi suoi colori plebei, a richiamo, da ogni mostra ed edicola di giornalai, lungo il percorso della apoteosi. - Ché, anche, e provvidamente, i trampoli con più alti sono e meglio son fragili;... "ed ecco, che, tutto ad un tratto, volgendo il corteo per la Porta Mazzini si accende una colluttazione tra la folla variopinta delli studenti; però che quello di loro, che portava la rama del pino, l'aveva abbandonata nel fango. Volontariamente o no; chi sa?... Comunque, i monelli se ne erano impossessato, ed i carabinieri offembacchiani per assai tempo rimasero a disputar loro, nel parapiglia, il nastro reclamista di Gabriele D'Annunzio" calpestato e sudicio.


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D'Annunzio al vaglio dell'Humorismo
di Gian Luigi Lucini
pagine 126

   





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