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      Fors'anche Marinetti, che incalza la fama colla punta del fioretto alle reni, si valse del puff abruzzese per avvalorare il proprio; poco male, del resto, perché l'opera è coraggiosa e schietta, quand'anche affetti ritrosia e capzioso badaluccare di retorica, per cui le verità meglio appaiono, la critica meglio ferisce, l'omuncolo è, da più largo trespolo, messo in bando sulla piazza affollata e comiziale.
      Il libro è dedicato Alle Ombre di Cagliostro e di Casanova, squisitissimi e sorridenti imbroglioni, poi ch'egli parla d'un ineffabile loro discendente e lo rimette al pari, amministratore fuori concorso di gloriola, per la stupefazione sciocca e spalancata de' borghesi, per la prurigine epilettica delli imbecilli, sospesi alle vicende rinnovate della sua vita e della sua poesia camaleontica e vagellante.
      I geni del Mezzogiorno55 - scrive Marinetti -, portano sempre, nella loro sacca da viaggio, doni imprevisti di finezza e di astuzia sfacciata, coi quali si giovano anche delle disavventure. D'Annunzio è andato persuadendosi, che, per conservare intatta e salva la riputazione d'artista, doveva indulgere, volta per volta, e concedersi il lusso di frasi, di gesti, di pose eccentriche ed inattese, da mandare in pasto alla curiosità vorace del grosso pubblico. Perciò ha l'abitudine di preparare accuratamente, davanti all'aspettazione di una sua qualunque tragedia, aneddoti imaginarii, indiscrezioni strane, che vengono raccolte e si aumentano nel viaggio per le gazzette, come la valanga, precipitando a valle, si fa enorme strisciando sul nevajo della china.


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D'Annunzio al vaglio dell'Humorismo
di Gian Luigi Lucini
pagine 126

   





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