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      Con tutta la buona volontà, in nessuno dei due casi ebbi il tempo di prendere la penna. Sei placato, o feroce? Dunque io ho un bimbo, un maschio, un bel maschio con due sterminati occhi azzurrognoli e con cinque capelli biondicci. È una cosa molle, rosea, calda, palpitante, che a volte si muove tutta ed ha delli annaspamenti di ragno, delle graziette di scimmia giovine, degli accenti talora bestiali, talora sovrumani. Oh, la paternità! A lui ho messo nome Mario perché mi sarebbe parsa una posa mettergli un nome ricercato. Bellerofonte ti sarebbe piaciuto? O Draghignazzo, o Zorobabele? Ma parliamo d'altro...
      In cui si vede come per D'Annunzio l'eufonia verbale nel nome del rampollo avesse maggior valore del resto, vero esteta in tutto, sino alla callopedia.
      3. Il giornalismo dei giorni magriD'Annunzio, che si rivelò giovanissimo pur nella prosa alimentare de' foglietti e fogliacci periodici, vestì spesso di molti e strambi pseudonimi la varia e falsa letteratura, per cui poteva vivere meno male a Roma. Non è indifferente compitare i barbari monosillabi che invaghirono il giovinetto tanto da mettersi sotto il loro patronimico pronostico: Floro, Floro Bruzio, Mario de' Fiori e poi Shiun-Sui-Katsu-Kava, Happemouche, Vere de Vere, Il Duca Minimo, Mambrino, Filippo La Selvi, Musidoro, Il conte di Sostene, Il marchese di Caulonia, Miching Mallecho, Myr, Mab, Swelt, Puck, Lila Biscuit, Morillot e Bottom.
      Sul punto, si era verso il 1883, nel frenetico sbocciare dell'Intermezzo di Rime, polposamente lussurioso: e, perché il Sommaruga aveva edito anche Il Libro delle Vergini, scritto in collaborazione sottaciuta con Guy de Maupassant, ed insignito da una titillante copertina, in cui sfoggiavano, mal disegnate, nudità complete tre femine, egli se ne sdegnò, dicono con tanta ira da rompere ogni rapporto coll'editore.


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D'Annunzio al vaglio dell'Humorismo
di Gian Luigi Lucini
pagine 126

   





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