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      Gittò via in un momento il suo involucro mondano. Con la rapidità propria dei grandi poeti, esso apparve nudo nel mezzo della stanza. Le pareti, il pavimento, il soffitto, le finestre si compiacquero un poco di lui che era una meraviglia rosea con una puntella di peluzzi biondi sul mento. Udii come un remoto spasimo di donne bramose, ascendere dalla distesa dell'estate toscana verso il bel viro. Egli pure lo udì, ma vi oppose risolutamente le spalle.
      - Incomincia il rito, disse.
      Entrai in istato di riverenza.
      L'Imaginifico indossò un paio di calze di seta nera, rude opera di mano filatrice, ben diverse dai delicati tessuti delle macchine; poi indossò una flanella di peluria di cigno neonato, assai opportuna difesa dalle umidità del sottosuolo; sopra di essa stese una molle camicia di batista color mezzogiorno del proletario; un paio di mutande di vivace panno turchesco per rallegrarsi le solitudini e le oscurità della miniera; dei calzoni aspri di velluto negro tolto da una vecchia zimarra di Michelangelo; una blouse di raso turchino semplice e frugale; delle scarpe di cuoio durissimo profumato all'essenza di rose. Per completare la sua vestizione si collocò sulle palme de le mani alcuni calli di finissimo lavoro, estirpati in una notte di luna, mentre cantavano gli usignuoli dai piedi d'una ninfa, con arnesi d'oro disinfettati all'acido borico disciolto nella rugiada.
      Così vestito, il maestro era solenne. Un che di asprigno gli traluceva dal viso; egli pareva un titano visto col cannocchiale alla rovescia.


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D'Annunzio al vaglio dell'Humorismo
di Gian Luigi Lucini
pagine 126

   





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