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      Oh, come gli sorridono e lo compiacciono le Consolazioni delli Umili. Parrebbe che Maeterlinck ne abbia scritte le pagine per lui, coi piccoli misteri comunissimi, col fradiciume del mistero cotidiano, colla miseria compassionevole del feticismo urbanissimo della plebe contemporanea, dame e pedine, che, tra il credere sì e no in Dio, si affida meglio alla fattuchiera. D'Annunzio, che è nato femina barbara, non può sottrarsi, come una sua qualunque Figlia di Jorio o Basiliola, al fascino del fantastico e della stregoneria, ammanito in una chicchera di caffè, od in un mazzo di carte segnate.
      Dolcissime e torbide pene, nell'aspettare inquietamente l'avvento di una profezia! Accostiamoci ad un suo biografo, che è pur figliuolo, il Gabriellino: egli ce ne dirà il patema vario e complesso, tra la paura e la speranza che si avveri il trapasso, affrontato dal poeta con grinta stoica e cattolica ad un tempo; però che colui, che giuoca al lotto, può anche accendere ceri alla taumaturga imagine del Sant'Antonio suo giocando menzionato per tutto il mondo, ed aver cieca fede nei manubrii, come indispensabili collaboratori di Fedra, e patir la mania superstiziosa, per cui può affidarsi alla predizione di una falsa e modernissima pitonessa.
      Quando venne il giorno fatale egli fu sin dal mattino in preda, non alla paura ma ad una specie d'orgasmo, che alimentava con la sua avidità di acri sensazioni. Ed accadde veramente che i casi più impreveduti e più fastidiosi gli si presentassero quel giorno, quasi un presagio e un ammonimento del suo prossimo fato.


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D'Annunzio al vaglio dell'Humorismo
di Gian Luigi Lucini
pagine 126

   





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