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      Perché, giunto sulla soglia dell'uscita, anch'io riconosco, che, nell'accidia lutolenta e ruminante della patria, la quale accetta ogni cosa sia già fatta ed ogni polenta sia già rimenata e scodellata, rovesciandovisi sopra a trangugiare, il Poeta Pescarese eccede, colla sua figura, si ostenta in movimento che produce, se non con gioja e salute, almeno con febre e con nevrastenia, se non con piacere, almeno per necessità: ma fabrica. Sì; riconosco in lui un tono superiore di vita alla fiacchissima nostra vita estetica nazionale, alla abitudine dell'indifferenza verso ogni tentativo, all'orrore veramente italiano per lo studio e la fatica intellettuale.
      Per ciò, per scrollarmi da dosso il fastidio, anche lungo la scrittura di questi capitoli tentai di sorridere a me stesso e di volermi ingannare; di essere lieto mentre distruggeva; ho fatto il Morosofo. Il gergo scientifico non ho voluto scapitare; la parola densa e grave mi è fuggita: - ?????-?????: - per dirvi: la saggia-follia. Ne ho fatto una mistura per imitare, puta caso, l'archiatra-sofista di moda, battezzatore di morbi nuovi e di più nuovi rimedi: ché io, con lui, amo sempre mostrare due lingue, come la sanguisuga, al dir di Plinio: gli invidio la pratica di poter introdurre nella prosa, a richiesta, un mosaico di pietruzze greche, vere o false, e di cocci italiani, inverniciati o no, senza guardar pel sottile se i vocaboli coprano abbastanza decentemente e con qualche proprietà le cose. Sì; perché ho voluto anche ridere in sull'argomento, che era assai malinconico, e, qualche volta, di una accorata tristezza straziante.


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D'Annunzio al vaglio dell'Humorismo
di Gian Luigi Lucini
pagine 126

   





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