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      Laonde mi parve di raggiungere la perfezione, dallo stesso Erasmo insegnata dall'Elogio della Follia; mi parve d'essere più nemico di me stesso, fasciato di una feroce misantropia, continuando a ripetere in sordina, tra riga e riga, il detto del filosofo di Rotterdam:
      Ed ascoltatemi bene, tutto quanto si fa qua giù tra i mortali ed a profitto d'essi è sprovvisto di saggezza ed è cosa da pazzo pei pazzi. Chi, solo, vuole opporsi alla piega universale, non ha, secondo me, che un unico mezzo per riuscire; seguir cioè l'esempio di Timone il misantropo ed andarsi a godere, in solitudine profonda, questa così bella e nostra saggezza.
      Oh tristi ed amare parole della negazione, quale balsamo negro mi apprestate! E perché, vecchio cuore, usato dall'entusiasmo a vagheggiare luminosissime e vicine maraviglie di amore, insorgi e continui a battere in tuo ritmo? "Va; che non hai torto: è Timone che pecca?".
      Così, tra un disgusto ed una elevazione, tra il nero fumo del pessimismo e le squarciate serenità dalle nuvole spesse in sul cielo dell'ottimismo esasperato, si avvicendarono periodi a periodi, foggiarono questo libretto, che ora fuggo, persuaso di aver voluto giovare, con passione, sì da pregiudicarmi un'altra volta, alli uomini miei contemporanei, che non mi meritano ancora.
     
      Varazze, il XXI di Dicembre 'CMXIJ.
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D'Annunzio al vaglio dell'Humorismo
di Gian Luigi Lucini
pagine 126

   





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