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      Rappresentante del nome italiano al di là dei mari, dalla Columbia portò in patria, nel suo museo di Corbetta, cimelii, studi sopra la civiltà pre-colombiana; dalla Grecia vasi, cocci, memorie, ch'egli si scavò e rinvenne nel suolo eroico, colle proprie mani. Ai gabellieri di Atene veniva, di quel tempo, ordinato di lasciar entrare senza sospetto in città, quest'omino, col cappello a cencio ed a sghimbescio impastranato ed impantanato, reggendo involti preziosamente costuditi sotto il braccio, e che se ne veniva scantonando ratto dalla postierla, guardingo, quasi temesse d'essere scovato: Carlo Dossi, lasciata la politica internazionale, s'era dimenticato, su, alle rovine dell'Acropoli, del Partenone, fuori per lo Stadio, ricercatore indefesso; tornava, in quell'arnese da muratore anarchico bombardiere (e che altro poteva essere l'involto prezioso?) la sera, a palazzo.
      Da lui l'arenile di Assab e di Massaua, disgraziata conquista intrapresa da un bluff italiano (inversione di natura, però che prima la funzione e l'organo e dopo il gesto) ebbe il nome rubricante di una sperata porpora coloniale: Eritrea: ed a lui, il Negus, gajo ed africanamente volpino, mandò per insegne, sciamma bianco e scarlatto, scudo di cuojo, lancia di frassino e d'acciajo mal temprato, nominandolo ras di sua corte, donandogli denti di elefante con cuneiformi inscrizioni amariche.
      Archeologo, consultò il ventre della nostra terra romana e lombarda perchè ci indicasse l'età passata, la forma delle cose scomparse, in cui è conservata l'anima delli avi.


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L'ora topica di Carlo Dossi
Saggio di critica integrale
di Gian Luigi Lucini
Editore Nicola & C Varese
1911 pagine 242

   





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