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      Poi che la vita è di lezione di sacrificio, non immobilità epicurea di grazie e d'armonie soavi, accolte nelle penombre forestali, vicino alla fontana meravigliosa, che canta nell'acque classiche la palinodia. Viva e frema e combatta la vita dell'arte, e, se non vede queste sciagure da torno che mi avvelenano il cuore ferito e che mi intorbidano la mente, non costruisca almeno la Tempe azzurra e profumata dei nuovi Titiri; abbia pietà della nostra miseria e taccia lagrimando come ad un funerale. La vita nel poema vibri e si ribelli.
      Cosí l'amico molto ha fatto e bene; sacerdote della placidità classica, se non ha saputo materiare il fatto ideale nel bronzo e nel marmo, ha costruito delle semplici e sincere statue di una candida creta. E questo giardino, e questa fontana e le Erme, e i vasi sui viali, dentro ai boschetti, ai margini dei laghi, sieno sua gioia e nostro fuggevole godimento. Oh si potesse, anche nel sogno, ritornar sempre all'incanti delle favole che non hanno morale, belle perché belle, alle subdole domande dei simboli ingemmati e lucidi, perché d'oro, ma che non proferiscono con l'enigma, la chiave di questo, ond'egli rimane privo di senso!
      Ma pur troppo l'orto fruttifero e suburbano, che si ingrassa a meraviglia colle deiezioni copiose della città, e che raccoglie le vegetali leccornie e le necessità dell'esistenza, è passeggiata vespertina dei pochi che si sorvegliano mutuamente, astiosi: pur troppo questi pochi si cibano di quelle ricchezze frugifere e distruggono il superfluo, perché nessuno oltre se ne pasca; anzi, a non essere mai sturbati hanno assiepato di rovi.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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