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      Costui che predica pace, leghe ed evoluzione, rassegnazione e speranza, come un personaggio manzoniano; nell'ora del pericolo, comprende lo scoppio fatale della violenza dell'una e dell'altra parte, in chi vuole acquistare, in chi vuol difendere? Tribuno incompleto, non accorge la fatalità dell'azione viva; e l'autore si perde, nella sommossa, a raccontare un fatto banale di cronaca, un povero incendio ed una inutile repressione. È vero che il socialismo d'oggi giorno non ammette piú la soluzione catastrofica, la quale sarà sempre la conseguenza delle determinanti ingiustizie politiche e sociali; né scomparirà mai dalla storia perché l'uomo non cambierà mai il suo carattere umano; ma l'artista avrebbe potuto trarne delle pagine gloriose e rosse d'impeto giovanile; non delle considerazioni sconfortanti.
      Qui era ufficio dell'arte, nella vita, nel secolare dibattito per la conquista del suolo, nella esposizione passionata delle miserie rusticane in raffronto della ricchezza di chi rappresenta la classe degli sfruttatori.
      Il dottor d'Este non si destreggia piú tosto come un arrivista, ultimo modello, colla facile aureola di un martire a buon mercato (una prigionia preventiva) che l'illumina poco e che gli porge il destro d'essere ammirato e difeso anche dai conservatori? Non rivoltosi, non rivoluzionari, dicono i nuovi socialisti; l'arte non si accontenta di queste sottigliezze casistiche; vuole del coraggio e dell'impeto, fossero pure disgraziati e imprevidenti.
      E la marchesina Gisella come ci è meglio spiegata?


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





Este Gisella