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      Cosí se come guida è qualche cosa di piú di una semplice indicazione, pure è meno esauriente e precisa, ma piú cordiale e piú sentita.
      Larga parte vi dà a Paolo Veronese, a Tiziano, a Tintoretto; al Crivelli, al Montagna, al Paris Bordone religiosi ed ingenui quattrocentisti, che nelle sale di Brera ammiriamo.
      Quindi intermezza con delle psicologie fini di donne passanti; con dei ragionamenti sui gatti dalla laguna a cui il nostro Raiberti darebbe lode; con delle descrizioni d'interni e di tipi di gondolieri e di portinai; con delle storie su quanto fu: e squilla la magica parola di Repubblica Veneta, tutta compresa nel Leone araldico ed alato.
      Quindi suggestivi evoca il Foscolo, anima nuovissima, insofferente di schiavitú ed artista greco ed il Byron, uomo d'oriente, impetuoso e sarcastico, spatriato ed annebbiato a Londra per condannarla, irriderla e volgersi a morire a Missolungi, commilitone del Poerio, combattente tra i palikari per una libertà, cui la Grecia attende ancora completa e fulgente.
      Se qua e là indulge l'autore ad una certa declamazione e parla troppo spesso di Dio in cospetto alle meraviglie del suolo, opera di natura, ed ai portenti d'arte, opera d'uomo, la colpa, piú che dello stile, è della sua filosofia ch'io non avrei profuso cosí munificamente. Pure, pochi libri come questo possono venir raccomandati a chi ora, non spaventandosi del caldo e delle zanzare, dei vapori dell'acque stagnanti e delle noie dei mille ciceroni di piazza, vada a Venezia, nel trionfo dell'estate, quando piú che mai pompeggia la strana città sotto il plenilunio e sfolgoreggia d'ori ai meriggi, o nell'ore pomeridiane sonnolente si sdraia lungo le calli, nell'ombre violette, sotto ai gonfaloni della stracciata pitoccheria, sciorinanti dall'una all'altra finestra delle viuzze.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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