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      Ad Odilon Redon od al macabro Goya lo spunto per quelle orrifiche acque-forti che ci fanno conoscere l'incubo del terrore e della nausea. Le damine delle nostre capitali malate di troppa civiltà, che si estasiano davanti ai vasi esotici, che direbbero, se il motivo della decorazione ammirata sapessero inspirato da una vera angoscia, da una vera tortura, da un reale sofrire? Io credo che la preziosità acquisterebbe un maggior incanto e che, nelle allucinazioni della morfina, vedrebbero qualche volta il mostro gocciolar sangue per il piacere delle raffinate.
      Pazienza, pervicacia, volontà soccorrono l'artista torturatore chinese. Egli non vuol lasciare cosa in natura, la quale non porti suggello della sua perizia. Artificiale d'indole, accetta la sua costituzione e sa che è falsa, volontario, mette l'uomo ombelico del creato. Dominare: all'ars topiaria dei suoi giardini, aggiunge la deformazione delle montagne: ed appaiono queste in profilo, o teste di cavalli, o d'uomini, o d'uccelli: s'ajutano, per la simiglianza, oltre che dello scarpello, dell'erba, dei virgulti, delle piante disposte e rettificate in un disegno da cui debba rilevarsi l'imagine voluta. La natura martoriata sciorina intorno alle pagode, lungo i palazzi di porcellana, sotto le torri a gradi rispecchianti, scampanellanti di bronzi appesi alli angoli dei plurimi tetti, sotto alle gole delle chimere, sotto le ali dei dragoni proteggenti, dei giardini di sogno, dei pergolati magici, dei panorami impreveduti.
      Il grottesco, dalla crudeltà, s'innesta nell'arte, dall'orribile, che è sentimento estetico, raggiunge, nella calma e nella frescura delli orti chinesi, la buona e grande pace, un sentimento etico.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





Odilon Redon Goya