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      Un direttore olimpico ed infaticabile, Paul Vernal, tiranno in sulle scene, grazioso pascià molto addomesticato, ma assai pretendente colle attrici terminato l'ufficio; dei loschi autori; uno stuolo di professionisti o di entusiasti pel teatro, nello sciamanare delle partenze, negli ozii della dimora; quindi le invidie, le ripugnanze, i pettegolezzi: Fredy Desrozes, l'attrice intelligente, l'étoile, la futura grande attrice.
      Desrozes non vorrà essere la squisita e sovranamente artista Faustin, in cui anche l'amore e la semplice espressione della carezza sono dipendenti, e diretti da una mimica d'estetica, da un innato bisogno di fare dell'arte. Edmond de Goncourt, nella crisi della monografia La Faustin, la farà intenta al suo lavoro di tragica, davanti allo specchio, studiosa dell'agonia dell'amante amato con passione ed intensamente; la farà espulsa dalla casa, nel singulto della morte, dal grido: «Un artista:... voi non siete che questo. - Turn out that woman!» estreme parole e condanna di Lord Annandale. Fredy non prenderà sul serio il teatro, cercandovi di riuscire, come la vita della quale intende di gustare le dolcezze: non si inquieterà troppo di Racine e di Molière, per acconciarsi meglio qualche volta ad un bacio se non venale almeno di un certo nuovo sapore. Essa distingue finzione e vita e non le mesce.
      Perciò non si preoccupa della grandezza dell'infinito, dell'esclusività dell'amore; ma questo usa a diversivo. Perciò sfugge gli eccessi, né pone tutto il suo avvenire nella passione singola e forte per un uomo, meglio avvisata della sorella sua Samy di La Fame dei Rosny.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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