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      Quale la religione? Dove e con chi la ragione? Non sappiamo. Vi sono dei magici veli sul passato e sul futuro. Ma chi ha ragione? Io? Li altri? Non sappiamo».
      Tutti ignoravano, tutti erano febrili ed aspettavano; tutti, nel distruggere qualche cosa, fabbricavano qualche cosa. Il gesto anarchico di allora creava il medio-evo, la verginità rozza e feroce, per cui doveva essere possibile la rinascenza: non altrimenti, attendiamo ed abbiamo paura e speranza insieme.
      I dotti e i letterati si riscaldavano al sole freddo delle età passate e componevano omelie e panegirici: veneravano l'antico, lo copiavano o si davano alla ricerca dell'inedito, del neologismo, dello strano e del personale. Altri piegavano la lingua ai nuovi bisogni della democrazia religiosa ed erotica incontentata. Il greco si rifugiò nella filosofia, nella storia, nel magnifico romanzo d'avventure; il latino nelle leggi, nell'inno popolare e ritmico delle credenze cattoliche.
      Nonio Marcello da Tivoli fa della grammatica: tratta Delle proprietà delle parole; Planciade Fulgenzio ha Tre Libri di Mitologia ed uno sulla Continenza vergiliana, Arusiano Messo un'Enchiridion di frasi e locuzioni raccolte dai classici. Per curiosa rarità vanno ricercati i poemi astrologici. In una confusione ecclettica di bellezza greca e di avvenirismo cristiano, forma Gregorio Nazianzeno un gonfio centone da Euripide per una tragedia sulla passione di Cristo; Eudossia canta in trecento quarantatré esametri Gesú, con frasi omeriche; Falconia Proba con emistichii di Virgilio.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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