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      Il Kahn ed il Flaubert hanno questo veduto e lo hanno voluto affermare nell'opera loro, perché sono due grandi scrittori e due filosofi che difficilmente si sviano dalla universalità di una sintetica comprensione, per essere trattenuti dal dettaglio senza rispondenze, trascurabile come un fiato di brezza.
      [In «L'Italia del Popolo», a. XI, n. 600, 20-21 agosto 1902.]
      ÉMILE ZOLAEdificio di cemento, di ferro e di majoliche, sicuro, ordinato, lucente, pratico: un Vitruvio moderno ne ha date le assise, le fondamenta, la disposizione, li ornati; ogni elemento è al suo posto e risponde alli ufficii; non vi sono lambiccature, astruserie, viluppi, inutilità. Di sotto alle arcate, coperte di cristallo, aria libera, a fiotti, come nelle arterie il sangue; di sera si illuminano le lune elettriche alla scintilla voltaica, ed il cristallo di zaffiro sembra il cielo notturno. Sfondi di giardini, viali sabbiosi, o, ad interrompere la prospettiva, delle rupi, dei boschi. Un gran fiume mormora e canta e geme, prossimo. Poi la fuga dei boulevards frequenti, nel rumore dei traini e delle carrozze, nel susurrio delle conversazioni, nel lampeggiare delle occhiate; boulevards sgargianti di vesti, di uniformi, di acconciature, di monili apparsi in luce, sorriso di perle e di ori. Ed, in fondo, la banlieue vaga, dubia; nelle nebbie le fortificazioni di una città febrile, insistente nel sogno e nelle opere quotidiane; e, profilate, le caminiere, come torri di catedrali sulle nubi, gettando nubi di fumo, tra le vampe dei fuochi interni, imprigionati.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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