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      Da lui, incitati, abbiamo abbandonato la torre eburnea delle meditazioni soggettive; abbiamo amato le folle, siamo scesi nelle piazze; passeggiammo per le stazioni ferroviarie, considerando le macchine d'acciaio, li animali, le confusioni, le vittorie, le battaglie. Al polso del cervello abbiamo accomunato il palpito del ventre; ne abbiamo sapute le intime rispondenze, le fiere ribellioni, le audacie del pugno. Per la fame, per l'amore, per il potere nella società conglomerata, gli umili e i superbi non sfuggirono all'ineluttabile, ambo miserabili e sublimi. Ci ha fatto credere alla santità del lavoro, alla santità della scienza nelle crisi del nostro scoraggiamento; e, voltosi agli studenti (Discours prononcé au Banquet de l'Association générale des Etudiants), innerbò la preoccupazione morbida del misticismo di fatti, di fatiche, di risultati tangibili. «Scienza, tranquillità dello studio, sicurezza del pensiero, credenza a spingere l'umanità sopra nuove vie.
      «L'ora torbida che noi traversiamo, tentando, propone una fede alla gioventú. Abbiamo forse ecceduto nel riportare ogni cosa al muscolo, ma operammo: operate! Il lavoro che vi offro è l'assunto giornaliero, è il dovere di avanzare d'un passo, ogni giorno, nell'opera nostra; operiamo. Il lavoro è l'unica legge del mondo, il regolatore, che conduce la materia organizzata al suo fine sconosciuto; operiamo». - Il rinnovamento passa dentro di noi; dalla Religion della souffrance humaine dei de Goncourt, noi passammo alla Religione dell'operare: fisica e metafisica trovano il loro maritaggio fecondo.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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