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      Ogni cosa, i mobili in disordine, le tende, le lenzuola nella casa, ogni cosa bianca appare brutta e macchiata: anche il cielo azzurro ed aperto di Firenze è basso, nuvoloso, pesante.
      L'Oriani ha accumulato tutti i colori oscuri della sua tavolozza, tutte le tinte tristi e smorte: non il tono rosso della rivolta efficace ha sopra posto a quell'ombre; di pallidi sorrisi si è accontentato d'illuminare la bocca dolorosa della martire.
      Ai bei principii del documentismo letterario, verso il 1881, ciò avrebbe potuto bastare come tentativo di esperimento, come audacia di notazioni fisiche; il borghese si sarebbe spaventato ed interessato di un volume che narra una turpitudine senza scusarla e senza maledirla. Ora, cerchiamo qualche cosa di piú; non la semplice constatazione di fatto, ma la legge, non la fisica di un gesto, ma il rapporto di questi con gli altri; non una monografia, ma la filosofia della storia.
      Per miseria, per ignoranza, per vizio, per egoismo, una fanciulla muore della prostituzione: ricerchiamone il perché generale, facciamo il processo alla società che permette non solo, ma che ordina, pena la morte di fame. Non è sufficiente dire: «Accade questo», ma è necessario soggiungere: «E questo è infame, ed è infame un ordine di cose che ciò lascia accadere». Alfredo Oriani tace, fossile novelliere.
      Non mi sdegnerò delle sozzure esposte e delle brutalità salaci che le accompagnano: sono troppo corazzato di buona morale letteraria per farne caso. Vorrò lamentarmi invece della secchezza impersonale del racconto, il quale mi fa desiderare le squilibrate eroine di Gelosia e di Al di là, per quanto piú pericolose, perverse e superbe.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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