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      Sopra le lamine d'oro di un cinto fenicio, aggeminerà il verso d'Astarté; e questa bruna dea d'amore, accolta ed ossequiata in Atene, dà l'ultimo bacio alla modernità parigina, che se ne stupisce e se ne balocca come di un bibelot curioso per vetustà e stranezza. Quindi suonano le Chansons de Bilitis; e se inviate con acuta soperchieria e malizia ad un critico pedante di Lipsia, questi troverà di averle già lette sopra un papiro da poco rivenuto nelli scavi di Memfi. In fine ci farà gustare il sapore dolce ed aspro d'Aphrodite, l'epopea dell'amore, della bellezza e della morte.
      L'Aphrodite apparve in un punto di crisi e di aspettazione nelle lettere francesi (1896) quando il neo-paganesimo ed il naturismo sensuale stavano per concretarsi, ma non ancora avevano trovato l'opera completa che li producesse fuori come attitudine letteraria e scuola. Il giovane Louys fece il gesto deciso sulla soglia del tempo oscuro. La sua bellezza classica d'aspetto trovò accoglienze nel tempo fastoso delli Dei morti; la sua taumaturgia li galvanizzò. Dietro a lui seguivano i discepoli e pontificò.
      Alla Forma, alla antica Forma, alla Bellezza, svelse i veli ed un piacere misterioso comunicò intorno; porse ghirlande e profumi; disse le parole del rito; risuscitò la religione trapassata. Aphrodite ha affermato un possibile rinascere di costumi, nei quali la libertà morale può essere compresa senza leggi restrittive: piú che Salammbô e che Thaïs, ricostruzioni sapienti del trapassato, è un'opera moderna, e, dietro il paravento ricamato di jeratiche phallophore, s'agitano i costumi, li atti e i desiderii di uno incontestabile presente.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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