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      E come spaventato e disilluso dal massimo d'energia sommossa per uno scopo che gli sembrava misero, lasciò che l'albero morisse. Calmo, senza apparente ironia, ma in sé doloroso, ha ceduto ed ha confessato tacitamente di prediligere le abitudini ereditarie, la banalità delle opinioni correnti, l'insipidezza del luogo comune.
      In questi sdraiò la sua estetica e la sua inquietudine filosofica; non volle, come prima, pungere la restia volontà a raddrizzarsi ed a pretendere; rilasciò il cervello dalla ginnastica d'adattamento, dal fabbricare pel nuovo; del resto pericoloso funambulismo per una educazione distruttiva e per un edificio che inverte le norme consacrate della architettura. Altra volta, egli si era riscaldato, eccitato alla credenza ed al valore della sua parola, nel futuro; pensava che l'avvenimento storico passionale ed estetico, a punto era necessario e doveroso se avesse sollecitato un numero maggiore di eroi usciti dal marasma borghese con tutte le nobili intenzioni della novità: ed aspettava il gran vento dell'orgasmo, per tendergli aperte tutte le vele, onde si gonfiassero e lo portassero in alto mare. Altra volta, gli si era la Bellezza presentata,
      . . . . enorme e secolaregenesi eterna dell'evoluzione.
      Natura e piú che Natura, Venere ed Elena seminatrice di conflitto, di soavità, d'ardenti desideri e di irritamenti, bellezza d'Eschilo, sovrana buona e cattiva, fatale, una forza: altra volta egli disse:
      O Bellezza, o miracolo o martirio,
      scendi, profumo di cielo,
      anima delle anime scendi,


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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