Pagina (210/354)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      In fondo, borghese, sotto quella maschera d'arte esagitata e stanca cui il primo Impero legava alla Francia; sotto una nervosità trepidante che sorge dopo l'arresto immediato e violento di una energia operante ed interrotta, ebbe una affettazione di audacia, un aspetto provocatore, ma fu sempre statica, e, se non passiva, pacifica. Ha ella pianto mai veramente? No. In questo non poteva ripetere col de Musset: «Le seul bien qui me reste au monde - est d'avoir quelque fois pleuré». Le risponde il cippo di granito della sua tomba a Nohant, disdegnoso ed altiero nella voluta e squadrata semplicità (a codesto piccolo corpo varrebbe, per segno funerario, una leggiera lastra di marmo): poco s'impersona alla posa rilasciata e languida con la quale lo scultore Sicard ha postillato le allee del giardino popolare; bianco rispecchio tra la fuga degli ippocastani ed il trillar sommesso delle fontane provvide. Bene stia e vi pompeggi indifferente.
      II.
      Incolore, svagata, compresa preziosa delle sue palesi e recondite virtú, passò adunque vicino alle grandi e vere genialità contemporanee, senza conoscerle, senza avvisarle con simpatia. Sopra un piroscafo, che da Lione la conduceva ad Avignone, incontra lo Stendhal, uno degli scrittori piú in vista di questi tempi (ella dice nel capitolo XXXI della Histoire de ma vie) e lo confronta con Delatouche, giuocoliere parolaio da salotto mondano, per accordargli minor grazia e delicatezza, regalandolo di maggiore profondità. Per lei il Beyle è «alcun poco grottesco e niente bello»; le dispiace nella taglia grossa e nella maschera senza mobilità satirica beffarda e scherzosa.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





Impero Francia Musset Nohant Sicard Lione Avignone Stendhal Histoire Delatouche Beyle