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      Apriamo i vetri, dice al mondo ed alla sincerità:
      Giace anemica la Musa
      Sul giaciglio dei vecchi metri.
      A noi giovani apriamo i vetri,
      Rinnoviamo l'aria chiusa.
      Pace dunque alle cose sepolte. Attende in tutto al suo programma? Non si sforza qua e là per un'auto operazione chirurgica di infondersi sangue ricco di globoli sanguigni? La prova è nobile, ma non continua né sempre efficace. Non senza pena si possono, in un impeto d'entusiasmo, gettare all'oceano, che schiumeggia furoreggiando, trent'anni di retorica e di insegnamento metodico e tranquillo, trent'anni di erudizione catalogata in categorie nel cervello. Sotto la forma spigliata e vivace, sotto le imagini che sembrano nuove, ma che non sono provate, né appaiono il risultato di una personale sensibilità, vi è il dotto ed il classico.
      Se l'Orpheus intramezza, a filosofia determinista, passione; se le visioni dei paesaggi romani, partenopei e veneziani è resa con dei tocchi d'impressionista, il quale si sforza, piú che di dipingere per masse di suscitare in giro l'aria e la luce; se la fanciulla invocata appare qua e là plastica e sorride e ride ed è melanconica; il contrasto, la fatica, la pena per fare tutto questo, non sono meno evidenti; la freddezza e l'assenza di spirito vi concorrono come a deprimere. Troppa calma, troppo raziocinio, troppa paternità indulgente e cara.
      Amica, dolce amica mia,
      Che mi nieghi il bacio d'amoreFinch'io non ti rechi il fiore
      Della fede nella poesia;
      rima bene, sapientemente; ma un giovane vero, che ami veramente, avrebbe trovato altre espressioni.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





Musa Orpheus