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      Avendo le papille ossificate, dure alle sensazioni delicate, i nervi intontiti dai narcotici, la sensibilità male educata e grossa, non capisce il perché dei nostri studi e de' loro risultati, sdegna di volerne gustare, con noi, le preziosità e le verginità. L'insistere a spiegare, a ritrovare motivi nuovi, forme genuine, andature inusate di periodi, rappresentazioni speciali di fenomeni antichi e sussistenti, è pei grossolani una inconcepibile fatica, una pena dolorosa.
      I lettori, in generale, rifuggono dall'applicare l'intelligenza e la riflessione, quando lo sforzo obbligato, dal libro alla mente loro, è superiore al piacere che ne ritrarrebbero dopo averlo ben compreso. Il libro nostro, per loro, non vale la pena di essere letto e studiato (lo maneggiano insoddisfatti e curiosi insieme, come un profano di musica palpeggia uno strumento a lui sconosciuto, che gli resta inutile ed inerte tra le mani) perché non sono capaci di conversare colle nostre pagine. L'Originalità è una virtú condannata come un peccato; Poe dimostra che lo scrittore originale non giunge mai alla popolarità, non essendo mai compreso dalla folla, perché i due termini, letterato e massa, sono idiosincratici, vicendevolmente. Noi fummo direttamente in contradizione palese col gusto del pubblico; ci accusò, una volta dopo l'altra, senza badare alla contradizione, di jeratismo, di bizantinismo, di rivoltolatori di parole, come soleva dir Bismark ai giornalisti, wörterbrauer, di gente squilibrata, disutile, o peggio, di mistificatori.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





Originalità Poe Bismark