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      Quindi, volli saperlo meglio; mi interessai di tutta l'opera; gli venni incontro, porgendogli la mano. Egli accettò il saluto, ma, eccitato a confidenza piú intima e completa, a maggiore abbandono, a care esuberanze, perché con quelle venisse a ristorarsi, dopo tanto deserto ed aridità di labra, alla fresca polla di una amicizia senza sottintesi, leale e giovanile, schivò la corrispondenza.
      Gli aveva portato l'omaggio della generazione che lo seguiva, procedendo, intesa a non rimettere piede sull'orme de' suoi predecessori, come non desiderando cancellarne l'impronta; ed egli non badò alla reverenza e le mie pagine mise da canto: forse vicino; ma tacque. Luigi Donati, a lui caro a me fedelissimo, aveva stentato tra noi due cemento d'amicizia; aveva ricomposto, colla sua nobile assiduità, la colla cordiale, trovatone il secreto nelle carte memorabili del nostro umanesimo, poiché di questa si stringono, dalle reciproche stime, affetti piú soavi ed intensi: invano. E mi scriveva: «Vidi e mi trattenni con l'Oriani, il quale tutto sommato, vi tiene in ottimo conto. - All'Oriani ho già scritto piú volte di voi; ma egli è di una tale laconicità epistolare che esclude tutti i motivi letterarii: ma porterò lassú la vostra lettera. Quanto ai libri suoi ora che ne conoscete la bibliografia, potreste procurarveli: lui non ne ha né meno una copia d'ognuno, e ben raramente scrive a chi si occupa di lui. È un solitario altezzoso davvero: non appena uscirà, leggete la Rivolta ideale e vedrete quale abisso lo separa, tanto da coloro che ammirate, quanto da quelli che combattete». - Donati insisteva sulla Rivolta ideale; desiderava ch'io la conoscessi a fondo mentre stava scrivendo Il Verso Libero.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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