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      - Poi, tornavano, l'uno, a dettare, l'altro, a scrivere idee e bellezze, perché Alfredo Oriani potesse piangere, pensare, creare ancora, per sé solo soltanto, egli, erotto di sulla folla, altissimo e disconosciuto, quando non semplicemente ignoto.
      Chi sa di lui, delle sue venti opere di varia ed intensa coltura e letteratura; dal romanzo alla storia politica, dalla filosofia al drama? Quanto conoscono di questo suscitatore michelangiolesco e guerrazziano per grandi idee, a grandi sentimenti umanati e personati in simboli? Della sua tragica azione avvolgente, della sua inquisizione profonda che scandaglia li abissi ed i misteri? Della sua formidabile ideologia che colma le lacune, determina l'inconosciuto, in un lampo e la scoperta completa sopra il momento, colla intuizione geniale e sintetica di tutto un sistema, di tutto un mondo nuovo ed armonico, uscito a perfezione, dopo il caos del pessimismo hartmanniano? Interrogatela: fate che la folla vi risponda.
      Rare voci vennero a lui: voci di isolati, di dispersi, di dissociati; voci di colleghi, sui quali pur la folla aveva piovuto la sua benevolenza e decretato, a soldoni, il suo suffragio. E, tra li altri, anche Edmondo De Amicis; che si incontrò sulla strada di questa eccezione dell'Oriani, come su quella del Dossi, e non poté che ammirarli entrambi: «Troppo tardi»(42); aveva scritto al primo; «ma non ho voluto ringraziarvi che dopo aver letto. Ora, ringraziandovi, posso esprimervi la mia piú viva ammirazione. Lo studio della Gelosia è uno dei piú originali e profondi ch'io mi conosca, e, fra le molte altre cose del Nemico, la narrazione descrittiva e psicologica dell'attentato del teatro di Mosca mi ha lasciato una impressione incancellabile.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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