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      Semplice e piatto, alcune volte, non ha mai preteso alla grand'arte. Non irritò nessuno; giunse, sempre, in apparenza, serio e lieto ad un tempo; ma non tollerò mai i decadenti, i suoi piú insistenti seccatori, a cui, come buon'anima un altro galantuomo, il Giacosa, lasciò tutte le partaccie in alcune comedie, giudicandoli, dal loro prototipo giuocoliero D'Annunzio, de' farabutti ciarlatani.
      E s'ebbe un'altra virtú sincera, quella di non nascondere dietro larve d'imprestito il vuoto del pensiero; evitò la tirata, perché, non emotivo, non si commise mai colla lirica; non si confuse colla filosofia, perché non desiderò meditare; il risultato non fu antipatico, perché lo soccorse l'humorismo erotto dal racconto genuino della realtà vista colli occhi suoi ironici e benevoli.
      Non si rinnovò: rimase sempre se stesso con bella costanza; morí, per ciò, senza ostentazione, ma con evidenza, cattolico, convinto cattolico, per quanto non fosse francescano; onde ripeto che fu un galantuomo sincero. In questo tempo di mascherotti varii ed ambulanti sulla fiera letteraria d'Italia, mentre si strafà ad usura, si è reticenti, e si dice troppo, ci si nasconde per terrore di noi e per paura del pubblico, ed anche chi non ha mai incominciato trova il bisogno di rinnovarsi; Gerolamo Rovetta, sia pure per poca incontentabile sensibilità, non ha mai mutato se stesso né si è mentito. Espose il suo carattere e le sue attitudini, lealmente, nella sua opera, senza ingannare nessuno, onesto al punto da sembrare un ingenuo.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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