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      E se ne vendettero, e se ne vendono ancora. Novelle, romanzi vi sfilano davanti sull'unico motivo: pettegolezzi di una città di provincia, infamiole velenose, malignità pungenti di vecchie bigotte, di preti tiepidi e mestieranti, conversazioni, confessioni sopra motivi di casistica passionale.
      Eroi? Pietro Maironi, uno squilibrato, tra il peccatore e l'asceta, che si annega in un mare di nebbie e brancica fantasime. Donne? Angiole luciferine, con tutta la tentazione nelli occhi, tentaculari, irritanti, spasmodiche. E Fogazzaro le odia e le vuole, le teme e le chiama; trappista al secolo, se ne finge succubi bellissimi, ed una profonda avversione mescola per piú disperato amore, inutile, disgregatore: quindi sopprimersi, fuggire, rinunciare: a che pro?
      Diceva di lui Innocenzo Cappa, difendendo l'altro giorno Mafarka il Futurista, accusato d'oscenità al tribunale milanese, e ne veniva assolto, accumunando, in antitesi, e con volo pindarico di lirica, con demostenica, convincente oratoria, Leila, in un periodo, colle mie Revolverate miracolosamente impuni dall'ugna fiscale e clericale del procurator generale Nicora: «Antonio Fogazzaro, spacciato dalla casa editrice Baldini e Castoldi; quello scrittore che fa l'esaltazione dell'anticamera dell'amore, con una bella lascivia cattolica, ipocrita, gesuitica, balorda, nella quale c'è tutto il vizio possibile ed imaginabile, ma non si può afferrare. È un vecchio che ha moglie giovane; è una vecchia che ha marito giovane. Però è casto». Casto, sempre: la castità, in questo caso, rientra fra le psicopatie sessuali del Krafft-Ebing; leggetemi il ponderoso volume del medico tedesco; non è piú impotenza; è inversione.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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