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      Comunque, poiché il tema era: Notte sul golfo dei Poeti, il poeta si trovò obbligato a disturbar la Luna: il motivo era inedito:
      Abbacinata luna,
      moderatrice della zitta notte,
      tu che stai, qui, sospesasopra il golfo di latte,
      da cui porti l'amante d'ogni amore,
      rianimami il cuorecol dirmi di sua vita, oltre la vita.
      tanto inedito, che il piú piccolo pericolo in cui avrebbe potuto incorrere sarebbe stato d'imbattersi, faccia a faccia, coll'inverosimiglianza. Dall'inverosimiglianza nascono lo scettico dubio e la saporita beffa, armi impuni superiori alla repressione di cui dispongono le leggi e l'opinione; armi che attestano la cordiale dilatazione alle risa di una critica, che vuol essere qualche cosa di piú di un riempitivo nei diversi generi della letteratura. Se ne prevale l'humorismo coi giornaletti ad hoc stampati: eccovi, perciò, il «Guerin Meschino», che porta ancora ad insegna il grottesco cavaliere catafratto, disegnato da Tranquillo Cremona e da Carlo Dossi sino dal lontano 1881, a declamare:
      LA LUNA DELLE BEFFEO scapigliata luna,
      nuda luna di carne,
      anzi, di carne e d'ossa,
      messi a bollire in un golfo di latte,
      rianimami tu,
      moderatrice, anzi, conservatricedi questa zitta notte.
      Voglio scrivere un'odecolle mani e coi piedi.
      Il meglio è che veniva scritta senza tanto funambulismo, col solito sistema, mentre, cioè come si usa, e mano destra e penna e carta e inchiostro e calamaio.
      Or, dunque, quando il piú quotato Vice e Seid occupa l'interregno di Poesia italiana, sedendosi sul trespolo, luogotenente generale delle lettere e dei poemi dramatici in questo modo, e non dissimilmente fa l'ultimo caporale appena promosso a sergentino - come a dire: Guido Gozzano - or, dunque, quando mi si viene a vendere margarina per burro, parole per idee, e mi si mostra cerussa e belletto per epidermide, falso topé posticcio per capigliatura, occhio di vetro, per occhio che vede, stoppa fradicia di spirito di vino per cervello ed un orologino - si carica ogni quindici giorni - per cuore (donde la mecanica di sentimenti e la virtuosa digitabilità dei versi); or, dunque, quando, io, credendo di affrontarmi a persone, a caratteri, a concetti mi sento impicciato tra ombre, maschere false, frati graveolenti; ecco, che volgo subito le spalle alle fantasime, svio sentiero, mi metto tra i campi, galoppo sull'erba fresca, salto ostacoli e siepi verdi, torno in campagna, vado in provincia, mi compiaccio dell'umile sagrato, invece della piazza del Campidoglio eleggo la bosinada all'ode, sto col dialetto sincero; rifiuto la lingua preziosa, togata, sapiente.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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