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      ». Qui vengono a ribatterlo i filologhi, che sono li imperialisti del dizionario, alla verbigrazia, Buommattei!
      Ben cresce la lingua nazionale sui dialetti e se ne avvantaggia. È, dal serbatojo di energie sempre riburattate ed in corrente attiva e popolare, che le cose, i fenomeni nuovi, le scoperte avvicendatesi trovano il loro vocabolario; è dal puro vernacolo che l'idea novissima prende il nome; ed è questo sacrosanto idiotismo che forma la parola aurea classica. Il laboratorio naturale del sermone patrio si trova nel dialetto; come il popolo è il semenzaio d'ogni virtú, in germe, nell'avvenire della Nazione.
      Accentramento, cumulo di uffici e di attribuzioni, non prevalgono al fomento naturale e distinto della nativa sincerità dialettale: nel gabinetto dello scrittore togato non si aumenta il vocabolario, se il letterato non scende in piazza a raccogliere coi cocci ed i frusti della giornata, alla sera, anche i diamanti della lealtà glottologica plebea. La Nazione deve vivere per le Provincie; là dove il rispetto de' caratteri provinciali si fonde col riconoscimento della unità d'origine e di meta, là è reggimento di libertà; di questa libertà, che è raggiunta soltanto in federazione, in cui le parti vengono alla totalità senza nulla perdere, in cui le uguaglianze sono dimostrate dalle equivalenze, non dalle false ed imposte identità. Oggi, che fremita nell'aria un venticello di fronda nazionalista, è bello invece accampare, non una separazione, ma un fresco e geniale decentrarsi.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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