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      Le venerabili, sacrosante e formidabili apparenze non lo arrestano col loro parere, che sembra, a tutti una realtà; egli immette le mani deliberate nella millantata lussuosità dell'apparato di grazia, di ricchezza, di verginità. Il dolore gli ha fatto svellere le zone proteggenti e menzognere, considerare l'abito e l'apparecchio come la piú grande menzogna; anzi, le foglie provvidenziali di fico, posticcie sopra le cosí dette vergogne delle statue, reputò ingombrante ruffianesimo, perché alla santità della natura si innestano come un riparo, che meglio richiama a supporre la perversità della cerebrazione, donde il Vizio.
      La delicatezza squisitissima, feminea, quasi permalosa della estetica di Carlo Dossi non era disposta a resistere in armonia colla grossolana bestialità di quelle soddisfazioni; non ne sopporta l'atmosfera lutolenta e soffocante; come Baudelaire, al quale per un lato assomiglia, l'autore di Desinenza in A ha bisogno di convalidarsi nella amara ironia della necessità. L'altro aveva pur composto Les Fleurs du Mal, che la sciocchezza comune del secondo impero pretese pornografia, mentre lasciò sfoggiare, per Compiègne, le caccie imperiali alle nude dame di Francia, alla Montijo facili adulterii ed il figurino delle mode accreditate presso una Cora Pearl e Nana. Identica fortuna: il ribrezzo ed il disgusto, in Italia ed in Francia, presero il nome di turpitudine letteraria; cosí, per Carducci, perché tornò a chiamare «barba la barba e non l'onor del mento»; cosí per chi disse: «J'appelle chat un chat!


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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