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      Ma tale piana e lunga letteratura non gli parve sollecita al fine. Avido di godere, sapendo che un nome acquistato non vale se non per supremazia e per mezzo di ricchezza, si diede all'ampio oceano, perché non è necessario vivere, ma navigare. Provò; le onde astute gli si appianarono. Dalle novelle, uscí ai romanzi; dal sonetto, all'ode, al poema. Visitò con industria e perspicacia il parnassianismo francese ed i decadenti meno da noi conosciuti; e si ebbero L'Isotteo e La Chimera; non fu inutile lettore del Journal des Goncourt e della Ethopée di Péladan se alcuni motivi loro troviamo nel Piacere(58), non fu indifferente all'arte slava, se Tolstoi e Dostojewski, rimaneggiati, entrarono nel Trionfo della Morte, nell'Innocente e nel Giovanni Episcopo; comprese a mezzo Nietzsche, se nelle Vergini delle Roccie, nel Fuoco ed in quest'ultime Laudi squilla la fanfara della volontà esasperata al godimento ed al potere: non fu schivo un giorno da fraticello d'Assisi, e trovò dall'Antigone sofoclea e dal Filottete d'Eschilo, le angoscie divine ed orribili degli Atridi fatali, suscitando nella Città morta, un incesto mortale.
      Ha scelto e bene; aggemminò la sua forma politica colle scabrosità rutilanti di gemme barbare; qualcuno ha qui avvisato di plagi e di palesi contrafazioni; ma lo scandalo suscitato meglio gli giovò che le lodi, per quanto il plagio, normalmente, indichi una infeconda debolezza.
      E a poco a poco D'Annunzio, l'abruzzese, che poteva essere il rappresentante poeta della sua terra e del suo popolo, che poteva rendere in modo insuperabile, e, piú che Verga regionale stesso, l'anima calda, appassionata, fosforescente della sua Pescara, dell'Adriatico, della foresta del Sila, suscitare l'heimathkunst - l'arte della piccola patria, del luogo natale - si disperde, si confonde; annega la spontaneità del sentire, la freschezza della impressione sotto le molteplici e disparate cerebrazioni, in quelle tendenze universali e letterarie, che perseguono la moda, senza anticipare il bisogno, che divulgano, in modo anodino e formoso, il pensiero avvenirista altrui, senza averlo fatto proprio.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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